Reti tra operatori pro-sociali - Nuovi Cortili - UNREGISTERED VERSION

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Reti tra operatori pro-sociali

Metodologia

ATTIVARE LA RETE INFORMALE TRA GLI OPERATORI PROMOTORI DI SOLIDARIETÀ COMUNITARIA
(cd. Operatori pro-sociali)


Individuazione e "sintonizzazione" degli operatori pro-sociali. Il primo ingrediente da mettere in conto per individuare e arruolare famiglie solidali e, in generale, per lavorare con successo alla nascita e sviluppo di gruppi di solidarietà comunitaria, è il profilo "pro-sociale" dell'operatore (e del servizio) che se ne fa promotore.
Nessuna tecnica è di per sé sufficiente ad assicurare il coinvolgimento effettivo e duraturo di persone/famiglie nella costruzione di un gruppo di famiglie solidali. L'apertura di una famiglia alla solidarietà familiare, la maturazione di una profonda e costante determinazione ad aprire le porte di casa ai bisogni di bambini e ragazzi, alle loro storie, alle loro famiglie, l'adesione attiva e diligente ad un progetto socio-educativo,  ... sono tutti elementi di un cammino di crescita, multifattoriale e mai del tutto compiuto, nel quale gioca un ruolo determinante l'intesa fiduciaria con il sistema dei servizi competenti in materia, ed in particolare con gli operatori sociali che più direttamente propongono e curano, nel territorio, i percorsi dell'affido e della solidarietà familiare.
In particolare l'operatore deve saper sapientemente miscelare e sviluppare tre dimensioni:

  • Familiarità. Le persone che sono più vicine per cultura, ambiente e posizione sociale sono in genere considerate meritevoli di maggiore fiducia. Quanto, come promotori dell’affido e della solidarietà familiare, ci si rende vicini alle persone/famiglie che si incontrano? Un elemento che certamente incide positivamente è la stabile presenza dei medesimi operatori sul medesimo territorio. Assai deleterie in tal senso sono le situazioni di precarietà contrattuale che causano un frequente turn over degli operatori e determinano una marcata discontinuità degli interventi.

  • Visibilità. È il presupposto della reciprocità. Fa compiere il passaggio dall’ignoto, fonte di ansia e di paure, al noto. Essere visibili, significa aprirsi alla condivisione, cioè alla conoscenza profonda, non superficiale; conoscenza, appunto, e non semplice informazione sull’altro. Visibilità, applicata all’operatore sociale significa piena trasparenza delle attività, delle funzioni, delle procedure, degli obiettivi, … Significa rendere accessibile e non minaccioso l’avvicinarsi all’affido, mostrandolo come un percorso, un processo di avvicinamento. Significa anche che occorre una forte coerenza tra le rappresentazioni proposte in fase di promozione e reperimento e le successive fasi dell’affido, affinché ciò che si propone durante la promozione non debba mai suscitare aspettative eccessive o distorte sempre a grave rischio di disattesa. Significa anche avere la "forza" di non  proporre a famiglie di nuova attivazione percorsi di accoglienza assai complessi e/o dagli esiti incerti.

  • Verità della relazione. Questa è la parte più impegnativa perché significa investire sulla creazione di una relazione … significa che l'operatore deve crederci (nell'affido, nell'importanza del coinvolgimento delle famiglie solidali, nel "valore" della solidarietà comunitaria, ...) Deve trattarsi di un incontro vero, tra persone autentiche, effettivamente dedite al servizio a bambini e famiglie in difficoltà. Una famiglia si mette in gioco solo se "vede e sente" che l'operatore la "vede" e la "sente", cioè se percepisce che é veramente interessato all’altro, se sperimenta l'offerta di un rapporto simmetrico, reciproco, rispettoso. Quante volte gli operatori sviluppano con le famiglie (affidatarie, solidali, ... ma anche d'origine) una relazione realmente tra pari (pur nella differenza e chiarezza dei ruoli)? In questa direzione occorre che gli operatori si muovano con sollecitudine, imparando anche a ricorrere a strumenti informali, poiché lunga e la strada e grandi le resistenze, a partire dalle culture professionali e burocratiche.


Attivazione/consolidamento di micro-reti locali. Un ingrediente importante nel percorso di promozione comunitaria è il "gioco di squadra" tra gli operatori. La promozione è attuabile con successo solo da una altrettanto solidale (e solida) rete di operatori. Solidarietà che deve caratterizzare sia i rapporti interni al servizio sociale che i rapporti con gli altri "operatori" che, a vario titolo, presidiano il territorio: medici di famiglia, insegnanti, parroci e catechisti, allenatori, responsabili di associazioni, ... Pur nella consapevolezza delle tante resistenze al lavoro di rete (personali, professionali, organizzative, istituzionali, economiche, ...) è indispensabile partire da questo aspetto, lavorando ad una sorta di "arruolamento reciproco" tra tutti coloro (operatori e servizi) che hanno disponibilità e capacità a mettersi in gioco. Declinata in chiave locale questa esigenza chiede di lavorare all'intessitura di micro-reti territoriali, composte dagli operatori "pro-sociali" che operano sul medesimo territorio.
Micro-reti che sono tanto importanti nella fase di promozione della solidarietà familiare quanto in quella di presa in carico dei singoli casi concreti (permettendo l'attivazione di "équipe integrate di caso" deputate alla progettazione, al monitoraggio e al sostegno sinergico degli interventi di solidarietà familiare e di affidamento man mano avviati).


Approfondimento della "piattaforma comunicativo-relazionale". La rete non è un fiore di campo; è un fiore di serra. Per farlo crescere bisogna coccolarlo. Lo sviluppo di un intenso lavoro di rete richiede un lavoro preliminare di costruzione di una adeguata "piattaforma comunicativo-relazionale" tra  gli operatori coinvolti. Questo avviene approfondendo la capacità di:

  • Capirsi: attivando spazi adeguati di confronto che favoriscano l'acquisizione di linguaggi comuni, coniugando l’approfondimento degli aspetti tecnico-metodologici con la costruzione di momenti di riflessività e di condivisione del senso dell’agire. Occorre camminare verso una sempre più forte "fusione di orizzonti" (Gadamer). Non si tratta di una rinuncia alle proprie posizioni, bensì di una ricerca e costruzione di significati condivisi, che si svolge nel tempo e che implica tolleranza e rispetto delle differenze. Gli interlocutori della conversazione procedono in maniera interattiva e collaborativa verso una comprensione dei problemi e delle posizioni altrui, cercando di condividere una prospettiva di significati comune sulla base di quanto emerge via via da questo rapporto. Si tratta di incrociare i giudizi, di moltiplicare i punti di vista e le prospettive, i "registri di veridicità" (Chevallard). Bisogna arrivare a costituire un "polo intersoggettivo" (Pellerey).

  • Comprendersi: lavorando all'approfondimento delle relazioni interpersonali tra gli operatori. La  comunicazione tra le persone non è costituita solo da uno scambio i intenzioni e di contenuti verbali, essa è sopratutto creazione di relazioni reciproche, dalle quali le intenzioni e i contenuti ricevono il loro significato pratico. L’antidoto necessario alla frammentazione degli interventi e degli operatori è dunque la scommessa sulla costruzione di "intese interpersonali" di qualità. La chiave di volta dell’intero discorso è dunque relazionale. Andando più a fondo possiamo addirittura dire che tali percorsi sono innanzitutto di natura emotiva ed affettiva. Si collabora bene se ci si "vuole bene" e se ci si "sente voluti bene".  


 
 
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