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Promuovere "Nuovi cortili", aggregare persone e famiglie in un comune impegno solidaristico, differisce dalle ordinarie vie di promozione/aggregazione del volontariato.
Nei percorsi "ordinari" ci si concentra a:
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Bisogna aggiungere un terzo inportante ingrediente, e cioè la CONDIVISIONE dei propri bisogni personali e familiari.
Non si devono cercare fantomatiche persone e famiglie che, dopo aver risolto tutti i propri problemi hanno ancora voglia ed energia di dedicarsi agli altri; bensì persone e famiglie disponibili a costruire con gli altri la soluzione ai bisogni comuni, a partire da quelli pratici e più immediatamente condivisibili, connessi all’organizzazione del menage quotidiano (accompagnamento dei figli a scuola e alle altre attività, fronteggiamento di piccoli imprevisti e difficoltà, …).
Così come un tempo le famiglie che abitavano lo stesso caseggiato condividevano naturalmente la cura dei figli ed in questo si contagiavano con i modelli relazionali ed educativi altrui, oggi vivere la dimensione di famiglie comunitarie significa entrare nell’esperienza quotidiana dell’altro, essere disposti a contaminarsi reciprocamente.
Non rievocando anacronistici ritorni alla solidarietà meccanica del passato (segnata da dinamiche di controllo e pressione sociale oggi improponibili) bensì promuovendo lo sviluppo di una solidarietà riflessiva, consapevolmente e liberamente scelta.
Se prima, tutto ciò, avveniva spontaneamente, come espressione di un’appartenenza e di un radicamento territoriale, sociale e culturale, oggi si tratta di ri-
Possiamo affermare che la capacità di essere famiglia accogliente/solidale/comunitaria dipende in buona sostanza dal modo (individuale o comunitario) con cui si dà risposta alle proprie esigenze quotidiane.
Per dirla con Giancarlo Cursi, il fondamento di una famiglia "risorsa" è nello stile di risposta al proprio "bisogno".
La condivisione va inoltre vissuta anche nella sua dimensione emotiva ed affettivo-
Anche secondo Giorgio Marcello "il punto di partenza sta nell’andare oltre il richiamo generico alla solidarietà ed alla responsabilità. Si tratta di riscoprire, vivere, testimoniare la dimensione della gioia e della bellezza dei legami che generano responsabilità. Non si tratta di dimensioni vagamente sentimentali, ma di sentimenti profondi, da riscoprire percependo che la nostra realizzazione si colloca nel vivere i legami. L’identità personale, infatti, acquista consistenza e senso nella relazione".
Su questo crinale, la scommessa è quella di diventare amici, di affezionarsi l’uno all’altro, di condividere relazioni calde, all'interno di spazi e percorsi di riflessività relazionale (Parton, O'Byrne, 2000).
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Declinando graficamente tutto quanto sopra esposto, possiamo mettere a fuoco un modello (che per brevità chiamiamo SCaB, cioè Solidarity Capacity Building, ovvero del "Potenziamento della Capacità di Solidarietà") che facilita l’analisi dei percorsi di empowerment comunitario.
A seconda del grado di presenza delle tre dimensioni "responsabilità, "riflessività" e "condivisione", infatti, si evidenziano quattro distinte zone:
Zona del "dono impossibile", caratterizzata da responsabilità e riflessività ma priva di condivisione. Con l'ausilio Zygmunt Bauman potremmo anche denominarla zona fredda. Da quanto sopra richiamato, sono sempre meno le famiglie e le persone in grado di fare volontariato stando in questa tipologia di situazioni;
Zona del "non dono", in cui alla condivisione ed alla riflessività non corrisponde un concreto impegno gratuito a favore degli altri. In questo caso la dinamica comunitaria è segnata da meccanismi di chiusura narcisistica ed i gruppi svolgono un ruolo auto-
Zona del "dono inconsapevole", con buoni livelli di servizio agli altri e di condivisione dei bisogni ma priva di un adeguato percorso di riflessione e di ricerca/approfondimento del senso dell’agire e dello stare insieme.
I rischi sono molteplici, dal venir meno della motivazione solidaristica, alla evoluzione in organismi professionalizzati, iper-
Zona del "dono possibile e consapevole" (o zona SCaB). È questo l’ambito in cui le tre dimensioni sono adeguatamente presenti e nel quale si ritiene possano fiorire percorsi ampi e duraturi di solidarietà comunitaria.
Potremmo chiamarla anche "zona del dono caldo", nella quale le persone e le famiglie sperimento un potenziamento progressivo della capacità di dono e di gratuità.
Parafrasando la Filosofia Scolastica possiamo dire che è la zona in cui la proposta dell’accoglienza familiare (e delle altre forme di solidarietà) acquisisce connotazione diffusiva, diviene cioè capace di coinvolgere porzioni di società sempre più ampie.
La compresenza delle tre dimensioni favorisce infatti l’acquisizione di "gradi alti di maturità umana (…) in cui ci si sente legati da problematiche comuni per affrontare le quali ciascuno ha del proprio da investire a favore di altri, senza un ritorno immediato. Questa dinamica umana del donare ad "altri" sottintende una dimensione allargata di responsabilità che fa della persona una risorsa sociale ed un costruttore di convivenza sociale" (Alecci, Cursi, Granelli, 2006).