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Testi tratti dal Libro "Parrocchia e Solidarietà Familiare: sacramento di comunione" di Marco Giordano, Punto Famiglia Editrice, 2014 (per ricevere il testo completo del Sussidio)
6. PERCORSI DIOCESANI DI PROMOZIONE DELLA SOLIDARIETÀ FAMILIARE.
QUALE ORGANIZZAZIONE? QUALI ATTIVITÀ?
PRIMI PASSI: PASTORALE INTEGRATA E PARROCCHIE "PILOTA"
Integrazione tra pastorale famigliare e pastorale della carità
La realizzazione di un percorso diocesano di promozione della solidarietà familiare si presenta tanto più virtuosa e solida quanto più è espressione di una azione pastorale integrata che vede coinvolti in stretta sinergia diversi uffici e in particolare l'Ufficio diocesano di pastorale familiare e la Caritas Diocesana.
Tale integrazione non va data per scontata, anzi va costruita giorno per giorno, scegliendo di realizzare percorsi formativi comuni, che permettano la condivisione dei linguaggi, il racconto delle esperienze, il confronto delle prassi e delle metodologie operative, ...
L'integrazione passa poi attraverso la scelta di realizzare insieme l'attività di elaborazione progettuale.
L'obiettivo potrà essere quello di definire il Piano Diocesano Integrato per la Solidarietà Familiare.
I responsabili diocesani della pastorale familiare e della carità, faranno bene ad individuare di comune accordo una piccola équipe composta da una famiglia e da un presbitero (o due famiglie, etc.) cui affidare l'incarico di Responsabili diocesani per la Solidarietà Familiare.
Ove possibile sarà importante che la famiglie incaricata abbia pregresse esperienza di solidarietà e/o di accoglienza familiare.
Partire da alcune parrocchie più sensibili
Molte sono le obiezioni che i parroci o gli operatori pastorali sollevano di fronte alla proposta di sviluppare nella propria parrocchia un percorso di solidarietà familiare.
Ecco alcune tra le risposte più frequenti:
«ci abbiamo già provato ma la gente di questo territorio non risponde. Li abbiamo invitati ma non vengono. Sono chiusi, poco sensibili. Non c'è cultura solidale. Forse altrove può funzionare ma non qui!»
«le famiglie che frequentano la parrocchia sono poche e già molto appesantite dai loro problemi!»;
«ci sono già troppe cose da fare. I collaboratori parrocchiali sono già in numero insufficiente e quindi non impegnabili in ulteriori attività!»;
«è una cosa di cui dovrebbero occuparsi i servizi sociali, al massimo la Caritas! Cosa centra la parrocchia?»;
È evidente che se la solidarietà familiare fosse qualcosa di facilmente sviluppabile sarebbe una pratica già ampiamente diffusa.
Ma "non facile", non significa "impossibile", come dimostra l'esperienza di tante realtà parrocchiali nelle quali, invece, il cammino della solidarietà è già avviato da tempo.
Significa piuttosto che nelle parrocchie occorre lavorare in modo complesso, favorendo la compresenza di vari ingredienti e un corretto amalgama degli stessi.
Il primo di tutti questi ingredienti, ribadiamolo, è la qualità della motivazione dell'operatore pastorale.
Come già detto, egli può riuscire nel proprio compito soltanto se ci crede e se ci mette tutto se stesso.
Al cuore del lavoro di comunità si colloca infatti la capacità del parroco e dell'operatore pastorale di coinvolgere le persone, di intessere con esse relazioni di fiducia, sviluppando intorno a sé una rete di collaboratori che a loro volta potranno farsi promotori di reti con altri, e così via fino a raggiungere tutto il territorio parrocchiale. L'errore che spesso si compie a livello di programmazione diocesana sta nel voler divulgare la proposta della solidarietà familiare fin da subito a tutte le parrocchie della diocesi. L'esito frequente di queste azioni a 360 gradi, è quello di "parlare a tutti e a nessuno".
Anzi, sovente, proprio le parrocchie che su questo tema sono già attive si rendono meno disponibili alla partecipazione agli appuntamenti diocesani, ritenendo di non averne bisogno («già lo stiamo facendo! la formazione diocesana serve a coloro che devono ancora iniziare!») o temendo sovrapposizioni disfunzionali (spesso la proposta diocesana si presenta come "ulteriore" -
L'esperienza ha mostrato che è preferibile avviare il discorso senza rivolgersi fin da subito alla totalità delle parrocchie, bensì concentrando l'attenzione sulle parrocchie già attive e, sopratutto, facendo lo sforzo di adattare e "personalizzare" il progetto alla loro specifica situazione.
Partire dalle parrocchie maggiormente attive sul fronte della solidarietà familiare, significa coinvolgere quei parroci ed operatori pastorali che hanno già dato prova di buona motivazione e di forte capacità di aggregazione e coinvolgimento.
Significa però, condividere con loro l'idea e gli obiettivi per poi costruire "da basso" il progetto, coinvolgendoli attivamente nella definizione dei percorsi più opportuni. È così che un progetto diocesano potrà offrire ad una parrocchia un approfondimento formativo, ad un'altra un sostegno tecnico, ad un'altra ancora una fornitura di materiali.
Una tale modalità si presenta gestibile se applicata ad un piccolo gruppetto di parrocchie (da contarsi su una sola mano) che possiamo definire "parrocchie pilota".
Individuate le parrocchie e condiviso un primo lavoro di personalizzazione del progetto, sarà poi importante riunirle insieme alcune volte per concordare gli elementi progettuali comuni, le possibili sinergie, etc.
CAMPAGNE DIOCESANE DI INFORMAZIONE
La forza della testimonianza
Il modo migliore per iniziare la promozione della solidarietà familiare è coinvolgere le realtà parrocchiali che già camminano su questa strada. Estendendo questo principio al campo dell'informazione e della sensibilizzazione, possiamo affermare che il primo criterio per una campagna efficace è quello di presentare le testimonianze concrete di famiglie e persone che in diocesi già vivono quanto si vuole proporre agli altri. È la forza del "messaggio incarnato" che diviene opera segno, e che, più di ogni ragionamento, può smuovere la coscienza e la disponibilità di altri.
Sarà importante non rivestire le testimonianze di contorni eccessivamente aurei o eroici, utili a suscitare ammirazione ma poco efficaci sul piano della raccolta delle disponibilità concrete. Piuttosto occorrerà mettere in evidenza la ferialità della solidarietà familiare, facendo emergere la gradualità di un percorso, mostrando quali possono essere i primi passi concreti, evidenziando l'intreccio tra vita familiare quotidiana e solidarietà.
Determinante anche illustrare come l'impegno solidale si intrecci con la partecipazione alla vita comunitaria della parrocchia e come in questo percorso sia importante non isolarsi né lasciar soli.
Percorsi di sensibilizzazione
Sul piano organizzativo sarà utile realizzare delle piccole campagne, finalizzate all'informazione e alla sensibilizzazione sul tema della solidarietà familiare, nonché alla raccolta dell'interesse di persone, famiglie, gruppi, parrocchie, ...
Compito dei responsabili diocesani sarà di provvedere alla produzione e diffusione di materiali e strumenti informativi di tipo divulgativo, avendo cura di integrare i classici depliant (e il cartaceo in genere) con la predisposizione di strumenti web (sito dedicato, pagina nel sito della diocesi, ...) e con il forte ricorso ai social network.
Sarà poi importante valorizzare i canali diocesani già esistenti, diffondendo materiali e presentando testimonianze in occasione degli incontri del consiglio pastorale diocesano, degli incontri del clero, delle adunanze della consulta delle aggregazioni laicali e della consulta delle opere caritative, etc.
Queste attività di prima informazione saranno sempre accompagnate dalla disponibilità dichiarata a realizzare incontri di approfondimento con le persone e le realtà parrocchiali ed ecclesiali interessate.
Incontri che sarà opportuno realizzare "uno ad uno", senza accorpare persone o realtà diverse.
Sono infatti tali appuntamenti con coloro che si mostrano più interessati, il veicolo per un concreto allargamento dell'esperienza.
Con le realtà ecclesiali interessate, siano esse parrocchie o movimenti e associazioni, sarà opportuno non limitarsi ad un mero incontro, meno che meno ad una comunicazione occasionale a latere di altre attività e appuntamenti.
Sarà piuttosto da costruire insieme un percorso di sensibilizzazione che si intrecci con il cammino ordinario di quella realtà.
Ad esempio nelle parrocchie sarà utile pianificare -
Assai utile potrà essere il convogliare i percorsi di approfondimento e divulgazione realizzati dalle varie realtà parrocchiali, nella organizzazione di Giornata/Settimana parrocchiale della solidarietà familiare.
Cicli di formazione iniziale
Uno degli aspetti nei quali può esprimersi il ruolo delle diocesi nella promozione della solidarietà familiare è quello della formazione delle famiglie aggregatrici.
Tale formazione si sostanzia innanzitutto nella realizzazione di un ciclo di incontri iniziali, a taglio "introduttivo/motivazionale" rivolti alle famiglie disponibili.
Scopo di tali incontri è di chiarire la proposta e quindi di permettere alle famiglie di valutare se e in quale misura confermare la propria disponibilità. Tali incontri permettono inoltre di conoscere meglio le famiglie coinvolte e quindi di valutarne le effettive capacità di aggregazione e la propensione solidale.
A seconda dei casi potrà trattarsi di cicli parrocchiali o di cicli interparrocchiali. Determinante sarà il numero delle persone presenti, auspicabilmente compreso tra le 8 e le 15 unità.
In merito al programma degli incontri, si suggerisce di realizzare almeno 4-
In particolare sarà utile approfondire gli aspetti:
dell'Essere, inteso come dimensione motivazionale;
del Saper essere, riferito alle competenze comunicative e relazionali;
del Saper fare, inteso come dimensione operativa.
Se ben condotto e assiduamente partecipato il ciclo di incontri favorirà sia la selezione (sopratutto l'auto-
Formazione permanente
Alla sintonizzazione/formazione iniziale delle famiglie aggregatrici, segue la formazione permanente. Almeno 2-
Il buon andamento del percorso richiede che periodicamente gli aggregatori possano beneficiare di alcuni momenti di supervisione da parte di esperti che li aiutino a "leggere" i percorsi in atto, sia lavorando sul loro vissuto emotivo che aiutandoli a riflettere sul "processo", cioè sul come concretamente sta evolvendo l'aggregazione e l'attivazione solidale delle famiglie del gruppo da loro guidato.
Network nazionale tra famiglie aggregatrici
Al fine di offrire ulteriori occasioni di approfondimento, confronto, scambio, ... nel 2014 è nato un network nazionale tra famiglie aggregatrici di vari luoghi d'Italia.
Promosso dalla federazione Progetto Famiglia e aperto a tutte le famiglie aggregatrici interessate, il network si basa sulla presenza di una piattaforma online di confronto e dialogo, visionabile all'indirizzo web www.nuovicortili.it, dotata di un forum di confronto tra aggregatori, di una sezione di approfondimento (denominata "nuovi cortili e parrocchie solidali"), di altre sezioni relative alla promozione della solidarietà familiare in contesti come la scuola, l'associazionismo, i servizi sociali territoriali, ...
Annualmente gli aggregatori aderenti al network si riuniscono in un incontro nazionale, denominato "Anima-
Far bene il bene. L'importanza di uno sguardo esperto
Il coinvolgimento di famiglie e persone in percorsi di vicinanza ed apertura solidale si fonda sulla capacità innata degli esseri umani di stare accanto, di trasmettere vicinanza, attenzione, accoglienza. Questa predisposizione di base, se opportunamente sostenuta da una buona formazione spirituale e umana e da periodici momenti di confronto e verifica, permette alle famiglie solidali di svolgere bene il proprio servizio.
Quando però ci si confronta con bisogni complessi e multidimensionali, riferiti in genere a persone e famiglie seguite dai servizi sociali territoriali, laddove si chiede alle famiglie solidali un forte impegno (ad esempio il sostegno a domicilio, l'accoglienza diurna o residenziale, ...), diviene necessaria la realizzazione di un "accompagnamento esperto" in ambito sociale e psicopedagogico.
Al tal fine è utile affiancare ai responsabili diocesani, la presenza di alcune figure professionali, ed in particolare almeno quella dello psicologo e dell'assistente sociale. Altre figure utili possono essere l'educatore, il sociologo, il legale.
Ove possibile tali figure possono essere messe a disposizione dal Consultorio Familiare di ispirazione cristiana eventualmente operante in diocesi.
In altri casi possono essere rese disponibili dalle associazioni familiari attive nel campo dell'accoglienza e della solidarietà familiare.
In altri casi ancora possono far parte di un'équipe attivata dalla Caritas Diocesana utilizzando, in fase di start-
Compiti principali di tali figure professionali sono:
supporto tecnico-
raccordo con i servizi pubblici e con il terzo settore attivi nel campo della tutela minorile e familiare e del lavoro di comunità;
valutazione/abbinamento/progettazione/sostegno dei percorsi di solidarietà familiare più complessi.
In merito a quest'ultimo punto, i professionisti, di concerto con gli altri soggetti esperti coinvolti (servizi sociali territoriali, servizi materno-
un'adeguata valutazione preliminare (cd. assessment) dei fattori di rischio e di protezione che caratterizzano la situazione al fine di individuare il tipo di intervento più adatto;
un adeguato "abbinamento", cioè la scelta della famiglia alla quale proporre il coinvolgimento. Si tratta di individuare la famiglia, tra quelle disponibili, le cui caratteristiche maggiormente si "intrecciano" con i bisogni e le risorse del minore/adulto/famiglia da sostenere;
un conseguente "progetto individualizzato", cioè la definizione degli obiettivi, dei tempi, delle azioni, delle modalità, dei ruoli, ... Progettazione che va realizzata favorendo il coinvolgimento attivo sia della famiglia solidale che della famiglia sostenuta.
un adeguato supporto e orientamento durante lo svolgersi del percorso solidale, tramite colloqui periodici con la famiglia, verifiche periodiche con gli altri operatori/esperti, etc.
Raccordi e sinergie interdiocesane
Alcune delle azioni di accompagnamento tecnico-
Si tratta di provare a sviluppare quelle «
Quando possibile tali sinergie potranno essere promosse a livello delle Conferenze Episcopali Regionali, dando vita a forme di collegamento tra tutte le realtà diocesane e associative attive in regione, com'è ad esempio avvenuto in Campania dove nel 2013 è nato il Collegamento Ecclesiale Campano per l'Accoglienza e la Solidarietà Familiare, che mette in rete 14 Uffici di pastorale familiare, 9 Caritas diocesane, 16 associazioni di ispirazione cristiana attive nel campo.
ALLEANZE TERRITORIALI PER LA SOLIDARIETÀ FAMILIARE
Reti inter-
L'idea di fondo, che qui approfondiamo ulteriormente, è che a livello diocesano occorre promuovere percorsi di presa in carico condivisa delle situazioni di disagio. Occorre cioè che i soggetti che nel quartiere sono, a vario titolo, responsabili dell'erogazione di risposte e servizi alle famiglie o ad uno dei loro componenti (bambini, ragazzi, gestanti, disabili, malati, anziani, ...) non intervengano in modo scollegato, ognuno per la propria parte, bensì si coordinino, sviluppando strategie ed azioni integrate, pianificando percorsi comuni, definendo veri e propri progetti di intervento concordando obiettivi, attività, ruoli, tempi, risorse, ...
Un noto proverbio africano, citato da Papa Francesco nell'incontro con il mondo della scuola svoltosi a Roma il 10 maggio 2014, afferma che "ci vuole tutto un villaggio per crescere un bambino". Parafrasandolo possiamo dire che ci vuole tutto un quartiere per sostenere una famiglia.
L'esperienza concreta di chi opera, a vario titolo, nei quartieri è che la rete inter-
Queste considerazioni non riguardano, ovviamente, la totalità degli operatori sociali, scolastici, sanitari, pastorali, ... la maggior parte dei quali opera con diligenza e competenza cercando di offrire ai propri "assistiti/alunni/pazienti/fedeli" le migliori risposte possibili. L'invito è però a cogliere che non basta impegnarsi nel proprium, ma che occorre lavorare a costruire forti sinergie, e questa è una pratica tanto virtuosa quanto assai poco diffusa.
Azioni diocesane di promozione della "rete" interistituzionale
La realizzazione di buone alleanze di quartiere può meglio svilupparsi se a livello diocesano si attivano alcune azioni di accompagnamento.
Innanzitutto è utile inserire nella formazione dei responsabili diocesani e delle famiglie animatrici un'adeguata attenzione a queste tematiche, comprendendone l'importanza, le modalità di attivazione, gli strumenti di lavoro, ...
Ciò premesso sarà importante sviluppare azioni per favorire l'integrazione istituzionale, cioè la definizione di accordi formali (con comuni, ASL, scuole, ...) che impegnino ufficialmente gli enti sottoscrittori ad operare sinergicamente e definiscano gli elementi principali di tali collaborazioni.
Accanto a ciò sarà importante promuovere anche l'integrazione professionale, cioè lo sviluppo di una adeguata sintonia e sinergia tra gli operatori dei diversi servizi ed enti coinvolti. Tra le varie azioni diocesane che possono essere attuate per favorire tale integrazione se ne suggeriscono due:
percorsi di formazione congiunta, per favorire l'integrazione tra operatori di diversa appartenenza e competenza. Questi, se condotti non solo tramite mere lezioni frontali ma favorendo adeguati spazi di confronto, autoformazione e conoscenza reciproca, permettono la costruzione di una significativa "piattaforma comunicativo-
mappare le micro-